COSA
E' IL “MOVIMENTO”.
Settembre
1971 – nr. 7
Non siamo un gruppo
politico né lo vogliamo diventare. Siamo movimento, o meglio, siamo
interni al movimento che potenzialmente e di fatto esiste già oggi
nella situazione italiana. Noi crediamo che il movimento non si
identifichi ne sia esterno per definizione ad alcuna delle
organizzazioni rivoluzionarie esistenti. Per la sua stessa
collocazione oggettiva il movimento taglia orizzontalmente tali
organizzazioni: le discriminanti sono gli stessi argomenti che
trattiamo. Ci sono dei compagni di gruppi rivoluzionari che sentono
di essere dentro a questa tematica, altri, negli stessi gruppi si
considerano fuori. Il movimento comprende i giovani ribelli dei
quartieri, delle fabbriche, i giovani immigrati che il capitalismo
trasforma in teppisti e che vanno ad affollare le carceri, i matti
col pugno chiuso che abbiamo incontrato a Mombello, gli studenti medi
scazzati dalle egemonie ideologistiche e vuote di questo o di quello,
gli apprendisti che si sentono disadattati come è disadattato
l'operaio Fiat: tutto questo è movimento.
C'è un elemento
comune che ci unifica: il fatto di essere giovani. Non diciamo che <i
giovani sono una classe> come hanno detto ai loro tempi certi
minchioni; è però una verifica che chiunque può fare come siano
tutti giovani gli operai, i proletari, gli apprendisti, i
disadattati, i carcerati, tutti i compagni che lottino, che vogliano
vivere in un mondo nuovo. Sono giovani coloro che rifiutano lo schema
<casa-fabbrica-casa> o <casa-sezione-casa> o ancora
<casa-scuola-casa>, dove la politica viene fatta in fabbrica,
in sezione, a scuola e basta. Sono giovani i compagni che sempre di
più rifiutano di alienarsi in una militanza <a tempo pieno>,
<a mezzo tempo> o <a ore>, perché si rendono conto di
quanto sia esterno questo modo di fare politica alla propria
condizione: quanto poco li coinvolga esistenzialmente.
Come abbiamo già
detto (Re Nudo N. 6 Editor.) fino a che non si supera la scissione
tra lavoro politico e vita esistenziale, l'impegno dei compagni, dei
militanti o sarà alienante o non sarà; cioè durerà ben poco.
C'è
un compagno tutta-fabbrica che stà arricciando il naso;
compagno tutta-fabbrica che arricci il naso, non è forse vero che i
giovani proletari coi capelli lunghi che vedi ai cancelli della Fiat,
nelle occupazioni delle case, agli spettacoli pop (ah già che tu non
ci vai), non è forse vero che questi proletari sono diversi dai
loro genitori, pure operai, pure proletari, magari iscritti al PCI?
Lo sono, certo che lo sono, per tutte le cose: per la lotta dura, per
l'amore, per l'erba, per la vita in comune, quella che si fa 12 ore
al giorno. A trenta-quarant'anni se non si è riusciti a rompere; è
biologicamente, economicamente difficile riuscire a farlo.
Iniziare
a quarant'anni è difficile anche perché alle spalle ci sono due
ventenni di condizionamento fascista, borghese che è ben difficile
buttare a mare. Al convegno di lotta continua a Bologna, uno
criticando il giornale mi ha detto severo severo: <ti sembra da
comunisti andare a fare il bagno nudi?> Era un operaio caro
compagno tutta-fabbrica; e chi poteva essere se non un operaio
<vecchio?> (O
forse... potevi essere tu!) Non c'è disprezzo in queste parole, c'è
solo amarezza; è del resto inevitabile che dei proletari educati e
condizionati dall'ideologia borghese della famiglia e della morale
repressiva, picchino le mogli, chiudano in casa le figlie alle otto
di sera e dicono loro <puttana> se si bagnano nude nel
torrente.
Rivoluzionario in
fabbrica e reazionario in famiglia: è questa una contraddizione che
non si risolve solo andando al cinema con loro, magari scopandoci di
tanto in tanto, ma senza credere di poterla risolvere totalmente
prima della rivoluzione; è necessario affrontarla di petto,
considerando il problema esistenziale fondamentale per la formazione
dell'uomo nuovo; fin da ora, si deve cambiare la vita.
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