COME
ARTAUD, COME BECKETT, W. BURROUGHS dice di essere:
<<L'ULTIMO
SCRITTORE>>
Re Nudo Maggio 1971 – nr. 5
Il più enigmatico
degli scrittori della Best Generation William Burroughs è
rivendicato dall'underground di tutto il mondo. I suoi libri sono i
più violenti, i più disperati i più devastati dei nostri tempi.
Come egli stesso ha scritto la sua opera è diretta contro coloro che
per stupidità o per proposito sono decisi a far saltare in aria il
pianeta o a renderlo inabitabile. Viaggiatore di tutti gli spazi,
grande esploratore della droga cometa naufragata dal Messico a Parigi
di passaggio par Tangeri egli ha messo a punto una straordinaria
tecnica di scrittura in cui si intersecano magistralmente la
scrittura automatica e la fantascienza il collage dadaista e la
prosodia bop...
A.: l'underground
vi rivendica; la opera di W. Burroughs fa parte della cultura
underground?
W:B: la cultura
underground è un pot-pourri, gruppi e genti diversissimi tra loro ci
si identificano nell'equivoco.
A.: quale è la
situazione dell'underground a Londra?
W.B.: non ho molti
contatti, credo che l'Inghilterra sia a rimorchio degli S.U. Tutto è
molto fluido e non si capisce del resto perché dovrebbe essere
altrimenti. Gli inglesi hanno un talento particolare; essi incanalano
a meraviglia la contestazione, l'establishment tiene in mano la
situazione. L'underground londinese non ha lo stimolo che hanno i
militanti neri negli S.U.
A.: che pensa del
<movimento> in generale, degli hippies e delle comunità?
W.B.: condivido la
loro insoddisfazione, ma attendo da parte loro delle proposte
concrete di azione politica. Reagisco con piacere alla fioritura di
Fronti di Liberazione, poiché tutto evidentemente favorisce il
Fronte di Liberazione degli omosessuali. Ogni gruppo si comporta come
se non dovesse mai prendere il potere. Desidererei sapere che
farebbero se lo ottenessero. Prendiamo un esempio:
l'approvvigionamento dei mercati, dei ristoranti e dei magazzini
alimentari, rappresenta uno sforzo tecnologico considerevole che
impegna la vita di milioni di persone. Che accadrebbe se questa
enorme massa disertasse la società organizzata per combatterla? Essi
morrebbero di fame in una settimana. I militanti sono pronti a
prendere in considerazione questo tipo di problema?
A.: Lei dunque è
in disaccordo con coloro come i leaders hippies, che consigliano alla
gioventù di vivere ai margini e di attendere che il sistema si
disintegri da solo.
W.B.: io preferisco
delle proposte concrete. Lenin o la socialdemocrazia tedesca di
Kautsky avevano un programma, delle idee precise sulla società da
costruire. I rivoluzionari di oggi tacciono in proposito; fanno una
piccola guerra con dei piccoli mezzi, le guerriglie marginali
-revolvers ed esplosivi- non hanno una presa sufficiente sulla
società industriale.
A.: Lei si
interessa veramente di politica?
W.B.: non ho mai
pensato che la politica possa risolvere qualche cosa. Quando un
affare è discusso a livello politico è la morte. I sistemi si
oppongono e si somigliano: io non vedo la differenza tra la polizia
sovietica e la polizia zarista. Tuttavia tutti i problemi sono
politici e quello della sessualità in primo luogo. Ma una vera
rivoluzione deve coincidere con uno sconvolgimento totale delle
coscienze, ribaltando l'uso dei mezzi di comunicazione di massa che
hanno provocato gran parte dell'evoluzione di questi ultimi dieci
anni.
A.: lei pensa ad
una rivoluzione della mente?
W.B.: gli
scienziati balbettano davanti alle possibilità che offre loro lo
sviluppo delle conoscenze scientifiche. Ultimamente si sono applicati
degli elettrodi al cervello di uno scimpanzè che si è poi
coordinato con uno ordinatore; gli impulsi del cervello erano
trasmessi alla macchina che li registrava e rispondeva. Sembra che
così si potranno programmare degli uomini, curare i nevrotici,
stimolare la memoria.
A.: crede che gli
Stati Uniti siano entrati in un periodo di rivoluzione sessuale?
W.B.: non so... non
sono molto colpito da quello che ho potuto vedere...
A.: e il Fronte di
Liberazione della donna?
W.B.: le donne
americane non vogliono essere più trattate come delle femmine ma
come qualche cosa d'altro. Questo stato d'animo è vicino a quello
della Cina comunista: là le donne portano gli stessi vestiti degli
uomini, fanno lo stesso tipo di lavoro e non hanno dei privilegi
particolari.
A.: tra i vecchi
miti da distruggere quale è secondo lei il più pericoloso?
W.B.: non so. Tutta
la pattumiera dell'establishment è da mettere in discussione. Questa
cristianità che imputridisce il sistema da secoli, questi concetti
che generano l'odio e la competizione come la famiglia e la nazione,
questo grande mucchio di sporcizia. Se voi distruggete queste idee
che reprimono le persone, le trascinano nell'ingranaggio delle
reazioni automatiche, potrà essere che l'uomo liberato troverà
infine qualche cosa d'altro? Nonostante tutto lo spero, non si può
mai sapere. Io penso, per esempio, che non ci sia niente da
attendersi dall'Inghilterra, tanto che non si sono mai viste
diecimila persone sfilare a Londra al grido di <si smerdi la
regina>.
A.: o il re.
W.B.: no la regina;
anche quando c'è un re in Inghilterra è sempre la regina che domina
il paese. Regina Vittoria, regina Elisabetta... i re non servono che
alla riproduzione in questa società di insetti. Gli inglesi faranno
il loro primo passo il giorno in cui si sbarazzeranno di questa
inutile famiglia.
LE DONNE SONO UNA
SPECIE DI ERRORE FONDAMENTALE
A.: lei non ama le
donne. Nella <morbida macchina> il personaggio femminile divora
il sesso di un uomo che ha da poco conquistato.
W.B.: Conrad
afferma nel suo libro Vittoria, che le donne sono una maledizione,
una specie di errore fondamentale.
L'orientamento
antisessuale della nostra società serve alle donne: garantisce loro
il controllo dell'uomo. La famiglia tradizionale blocca ogni
progresso: i bambini sono allevati dalle donne, essi ereditano
necessariamente tutte le idiozie del sistema e le nevrosi dei loro
genitori. La nazione non è che una estensione, un'appendice della
famiglia biologica. L'educazione dei bambini dovrebbe essere affidata
allo stato. Questo è in parte il caso della Cina. A parte effimere
esperienze iniziali la Russia a lasciato sussistere la famiglia
borghese.
A.: cosa mettere al
posto della famiglia?
W.B.: niente! Meno
i due sessi hanno rapporti meglio va.
A.: e l'amore?
W.B.: è un virus,
un inganno inventato dalle donne.
A.: quali sono gli
scrittori che l'hanno maggiormente influenzato?
W.B.: Jean Genet: è
formidabile che abbia potuto scrivere <Notre dame des Fleurs>
sulle pagine di una rivista. Che bel manoscritto! Ho ugualmente
subito l'influenza di altri scrittori che ho letto: Cornad, Joyce,
Céline, Cocteau, Beckett, Malcom Lowry...
A.: i suoi contatti
con la Beat Generation?
W.B.: non ho mai
incontrato Ferlinghetti ma ho conosciuto Michael McClure, Allen
Ginberg, Gregory Corso, Jack Kerouac.
A.: lei è sulle
loro stesse posizioni?
W.B.: non
esattamente. Io li frequentavo ma noi non facciamo affatto le stesse
cose. Io non credo alla non-violenza; le persone al potere non si
autodepongono, nessuno manda fiori ai poliziotti se non tirandoli da
una finestra e dentro un vaso.
A.: nella sua
esistenza di tossicomane si è scontrato con la violenza...
W.B.: veramente no,
tranne che per una settimana in cui rubai nel metrò di N... Non
rubai gran che, vuotavo le tasche agli ubriachi. Una sera uno di
questi si mosse, lo si dovette picchiare. Dopo di ciò mi fermai.
A.: ma vi è del
sadismo nei suoi libri?
W.B.: niente
affatto a mio avviso.
A.: il suo
obiettivo è soprattutto di rinnovare la scrittura e di sconvolgere
le tecniche letterarie?
W.B.: mi sono
sempre interessato all'innovazione linguistica. Non vedo l'interesse
che ci sarebbe a rifare ciò che è già stato fatto, anche se lo si
fa bene: a che servirebbe, al giorno d'oggi, un buon romanzo
vittoriano? Noi siamo nell'epoca della televisione e della pittura
astratta. Lo stesso Genet non è mai uscito da un certo classicismo,
anche se esce fuori con le parole dalla prigione del linguaggio.
A.: le interessa la
scrittura automatica dei surrealisti?
W.B.: si. Ma quante
scritture che si definiscono automatiche lo sono realmente? I
surrealisti avevano cominciato bene, ma solo Artaud ha continuato.
Breton è diventato un papa: frequentava i salotti e passava il suo
tempo a scrivere lettere di scomunica. Tzara, lui si è un
innovatore: è stato lui che ha proposto di comporre un testo
estraendo le parole da un cappello. Perché non introdurre dunque il
caso anche nella letteratura, come lo è stato nella strategia
militare od economica mediante la teoria dei giochi di Neumann e
Morgenstern. L'aereonautica americana preparava i piani di
attacco secondo cinque ipotesi differenti. Se ne estraeva una a sorte
all'ultimo momento: il nemico non aveva così alcuna possibilità
razionale di indovinare le intenzioni dello Stato Maggiore
avversario. Cut-ups, o Fold-in, le tecniche di scrittura che abbiamo
sperimentato puntano nella medesima direzione.
<L'EROINA MI HA
DISTRUTTO>
A.: Lei crede che
la droga possa ad un allargamento della coscienza.
W.B.: le droghe non
sono molto importanti in sé stesse. Hanno il loro ruolo: è un mezzo
che si usa per accorciare la via in mancanza di altro. Ma sarebbe
ottimista credere che le droghe potrebbero da sole produrre una
trasformazione radicale delle coscienze. Guardi il Marocco: si fuma
legalmente da secoli e non è successo niente di speciale. La
sostanza più interessante di tutte quelle che ho provato è lo yage.
Un allucinogeno incredibile, da prendere di notte, con visioni al
color bleu. Sfortunatamente lo yage provoca una leggera nausea, è
soprattutto molto tossico e non ha un gran margine di sicurezza.
Mentre la cannabis, non ha alcuno di questi inconvenienti, anzi.
A.: la psilocibina?
W.B.: Non mi piace
affatto: è sintetica. Io preferisco di gran lunga le droghe naturali
a quelle chimiche. Personalmente sono allergico a l'LSD: ad alte dosi
rammollisce il cervello. Con l'acido ho il viso gonfio e le mani
balorde. Con la cannabis mi controllo e mi sento molto sicuro di me;
me ne servo per lavorare, accelera l'andatura delle associazioni.
Ottengo così 3 o 4 idee su di uno stesso argomento, nello stesso
tempo.
A.: cosa intende
per allargamento della coscienza?
W.B.: è quasi
impossibile spiegarlo. Gli allucinogeni ampliano le percezioni, ci si
può arrivare anche senza droga ma è molto più difficile.
A.: come ha
cominciato con l'eroina?
W.B.: per
curiosità, parecchi anni fa. Poi mi sono assuefatto prestissimo come
tutti: in sei mesi. A parti da allora ero intossicato a vita. Ho
preso eroina per 15 anni, con delle pause. Ho smesso, ho
ricominciato, ho smesso di nuovo. Se ne riprendessi ora mi
intossicherei in due giorni. Bisogna che mi sorvegli da molto vicino.
Supponga che mi prenda un raffreddore e che mi curi come ho fatto una
volta in Francia, con delle pillole alla codeina: il Neocodion. È
blando in apparenza, ma tutto potrebbe servire a farmi ricominciare.
A.: da questo
elenco di droghe, encodal, pantoton, oppio, pulpium, morfina,
cocaina, eroina, come ne è uscito?
W.B.: con
l'apomorfina. Ero giunto al limite di sopportazione quando sentii di
questo vaccino. Vivevo allora in un tugurio in un quartiere indigeno
di Tangeri. Da più di un anno non mi lavavo, né mi cambiavo di
abito. Non mi spogliavo quasi più, salvo per conficcare ogni ora
l'ago di una siringa ipodermica nella mia carne grigia e fibrosa, la
carne legnosa dello stadio finale della droga. Non avevo mai pulito
né messo in ordine la camera. Scatole di fiale vuote, distrutte, di
ogni specie si accumulavano fino al soffitto. L'acqua e l'elettricità
erano state tagliate da tempo, non facevo proprio niente. Potevo
restare immobile otto ore di seguito e contemplare il fondo delle mie
scarpe. Non mi muovevo se non per rovesciare una clessidra. Quando un
amico veniva a trovarmi (ma venivano raramente), a vedere che restava
di me, io rimanevo prostrato, indifferente nell'ombra che offuscava
la mia vista. Questo schermo grigiastro ogni giorno più vuoto e più
sfumato. Senza prestare alcuna attenzione alla sua presenza. Se
questo amico mi fosse caduto davanti io sarei restato seduto senza
muovermi, attendendo la sua morte per potergli svuotare le tasche.
A.: l'eroina è
stata una esperienza interessante?
W.B.: no.
A.: avrebbe potuto
scrivere gli stessi libri senza essere tossicomane?
W.B.: non ho
scritto nessun libro quando prendevo l'eroina; era assolutamente
impossibile. L'eroina diminuisce non solo la percezione del
particolare ma anche la percezione dell'insieme del processo
psico-fisico. Un artista deve poter dominare i suoi sensi e la sua
coscienza. Ma per uno scrittore ogni esperienza è proficua anche la
più distruttrice.
A.: di che viveva
allora? Non lavorava?
W.B.: no. Ricevevo
un po' di denaro dai miei genitori.
A.: erano a
conoscenza del suo stato?
W.B.: si, lo
sapevano.
A.: si pensa in
genere che quelli che ricorrono all'eroina lo facciano perché spinti
da motivi psicologici.
W.B.: è ridicolo.
La maggior parte dei tossicomani lo è perché ha preso gusto alla
droga. Vi erano recentemente in Iran 3 milioni di tossicomani, che
non avevano certo tutti, almeno credo, problemi psicologici.
Nell'America del sud gli indiani si abbrutiscono con la cocaina.
Potrebbero essere allo stesso modo degli alcolizzati se solo ne
avessero l'occasione: prendono quello che trovano per dimenticare la
loro condizione miserevole. Il problema è lo stesso per gli abitanti
dell'India che sono ricorsi all'oppio.
A.: lei scrive
tutti i giorni?
W.B.: si, salvo
quando mi prendo qualche vacanza.
A.: la cannabis è
dunque l'unica droga che desidererebbe vedere autorizzata?
W.B.: droga od
alcol la legge non offre soluzioni. Si ricordi del fiasco del
proibizionismo in America. La soluzione può venire solo da una
regolamentazione intelligente.
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