giovedì 10 marzo 2016

L'INTERNAZIONALE DELLA MEDIOCRITA'



Di Pierre Restany.
Verso l'estetica generalizzata. Galleria Apollinaire, Milano, dicembre 1967.
"Saluto il XXI secolo, che è la mia epoca, il mio presente e il mio divenire. Ma mi domando: il XX secolo è mai esistito? Le conseguenze bastarde del romanticismo non hanno fatto che proliferare fino al 1960, coperte dal surrealismo, dalla fantascienza o dall'action painting. Dalla filosofia al teatro, dalla politica alla pittura, il romanticismo aveva dato una risposta a tutto. Il suo segreto era semplice, racchiuso in una definizione del lirismo: la manifestazione dell'essere in movimento. In fondo la vita non è che linguaggio e questa estroversione sistematica dell'ontologia ha creato una bella confusione. L'esistenza è stata resa simile all'urgenza espressiva. Così si è sviluppata la nozione soggettiva dell'arte concepita come una singolarizzazione del linguaggio. A partire dallo <stile> di un'epoca, tronco principale che è lo strumento della comunicazione base, irradiano i rami particolari della personalità individuale. Non si tratta in alcun modo di rimettere in questione i fondamenti di un linguaggio strumentale tanto più efficiente quanto meglio è assimilato, ma di sfruttare le varianti per dei fini personali: carriera, produzione, mercato. Quest'affanno dell'espressione <individuale> ha proiettato il XX secolo romantico al di là dei suoi limiti temporali: non ha mai finito di morire ….. ….. Fino al giorno in cui è nato un senso nuovo della natura moderna che gli ha dato il colpo di grazia: una natura perfettamente oggettiva, concepita non più esclusivamente nei suoi rapporti di relazione con l'io, ma esistente in sé come il prodotto di una sintesi collettiva, il fenomeno industriale e urbano, repubblica dei nostri scambi sociali, bene comune dell'attività di tutti gli uomini. Lo sviluppo dei mass media ha reso ancor più tangibile il fenomeno, fornendoci gli elementi di dettaglio d'un linguaggio immediato: la fonte di un nuovo folklore. Pionieri del rovesciamento realista dei valori, neo-dada e nuovi realisti, assumendo i gesti limite dell'appropriazione del reale, hanno aperto la strada alla pop art. mentre gli europei creavano una poesia e una sintassi per i ready-made di Marcel Duchamp, gli americani scoprivano la ricchezza espressiva della loro cultura industriale attraverso la contestazione del folklore moderno. Tutto sembrava il meglio nel migliore dei modi. Ahimè, è dura la vita del cattivo pittore romantico. Immerso nella banalità quotidiana, sottoposto alla spietata concorrenza dei mezzi moderni della comunicazione visuale, spaventato poi dall'anacronismo della sua situazione, ha creduto di trovare un ancora di salvezza nella singolarizzazione del banale. E come singolarizzare il banale, se non sofisticandolo? Si truccano a tutt'andare le cartoline, i fumetti, i piani cinematografici e le sequenze televisive. Va bene tutto purché – a partire da questa contingenza anonima diventata il grado zero della percezione – appaia la traccia <pittorica> tangibile dell'espressione individuale. Così, ancora oggi, si pretende di giustificare la produzione massiccia del quadro e l'esistenza del collezionista. La mediocrità della sedicente figurazione narrativa è quella dei suoi protagonisti e del suo pubblico. Il continuo crescere di questa industria bassamente figurativa rispecchia la proliferazione di un'interpretazione della mediocrità preoccupata innanzi tutto di non fare sforzi mentali. Da Milano a Bruxelles, da Parigi a Tokyo o Buenos Ayres, una generazione di piccolo-borghesi modernisti intende godere in pace la relativa prosperità del suo dopoguerra: ha trovato i suoi piccoli maestri. Questa iconografia minore illustra il calo culturale di un'epoca in piena transizione, stordita di fronte all'inesorabile mutamento dei valori. Gli eterni cornuti della storia sono naturalmente dei gran chiacchieroni. I sofismi fanno da paravento alla loro impotenza percettiva. I pittori narrativi incarnano le illusioni di questo parolare e il fumetto è divenuto lo specchietto per le allodole. Tutte le proposte dell'iconografia moderna non presentano – per nostra grande fortuna – il carattere d'anacronistica povertà della figurazione narrativa. L'arte meccanica tende a ristrutturare l'immagine piana ricorrendo esclusivamente ai mezzi foto-meccanici: riporti fotografici, analisi di retini, impressioni dirette su superfici sensibilizzate, ecc. sono modi d'espressione che esigono tirature illimitate e la negazione implicita del vecchio concetto di opera unica. Il divenire dell'arte è d'altronde lontano dall'identificarsi col puro e semplice destino dell'immagine piana. L'arte del XXI secolo ha abbandonato il salone e il museo per la fabbrica e la strada: è un addio senza ritorno. L'attuale evoluzione delle forme pluridimensionali d'espressione fa chiaramente testimonianza al fenomeno. Se il mito dell'anno 2000 ha ancora un senso è perché incarna il simbolo della metamorfosi di tutti i linguaggi. In una società che si prepara a vivere la sua Seconda Rivoluzione Industriale sfociando nell'era dell'automazione e del tempo disponibile, la funzione dell'arte è cambiata. È l'elemento catalizzatore della sensibilità collettiva e dell'emozione individuale. Una festa dello spirito e dei sensi, una metamorfosi collettiva a favore di un più grande numero. L'internazionale della mediocrità traduce sotto le sue false sembianze moderniste l'inerzia culturale dell'epoca: i riflessi residuali del passato romantico, la paura e la pigrizia hanno creato il falso problema della narrazione figurativa. Hanno gli occhi e non vedono! Tanto peggio per i mediocri. Non si va contro il progresso, contro questa verità dinamica che ha in sé stessa la sua propria rivelazione. Concepita da poeti del tempo libero e da specialisti della sensibilità urbana, l'arte di domani sarà un'arte totale corrispondente a un'estetica popolare generalizzata, fondamento delle indispensabili metamorfosi planetarie”.

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