mercoledì 20 aprile 2016

L'ARTE COME UN DOMINO.



E' risaputo come le avanguardie artistiche degli anni '60 e '70 abbiano esercitato un ruolo di controlinguaggio-attivo, di controcultura, di abbattimento delle strutture linguistiche acquisite e morte in cultura. 
Poi la Trans-avanguardia, L'idea di Achille Bonito Oliva di ridestare il prodotto artistico che trascende l'idea darwinistica dell'arte, per cui l'artista andrebbe non più a contrapporsi al pensiero preesistente, ma agirebbe trasversalmente. 
L'opera, stando all'idea della Trans-avanguardia, è un mosaico di estetiche consumate. Una sorta di controlinguaggio-addomesticato, paradigma, e qui la grossa intuizione imprenditoriale di Oliva, del consumismo edonistico. Oliva è stato il precursore del berlusconismo: annichilire il desiderio del complesso, del mutamento, togliere dal campo l'indeterminazione del significato per ridestare il "saputo", in poche parole il banale. Soddisfare il godimento della media. Portare la ricerca artistica sotto forma di frappè. Gustoso ovviamente. Molto gustoso.
Achille Bonito Oliva è stato un vero genio. Direi un visionario. Intuì già nell'ottanta la società mediocre e narcinistica che sarebbe diventata l'Italia dopo la grande abboffata intellettuale e borghese del concettualismo, puntando tutto sul ribasso entropico del significante (comunicazione a basso carico informativo). Opere da vendere a bocche buone, per tutti, per i piccolo borghesi. 


In ricordo di coloro che abbatterono i tasselli del banale, riporto alcuni brevi passaggi di teoria dell'arte di Filiberto Menna:



Nel momento dell'espansione, l'arte fornisce modelli di comportamento, si trasforma in azione estetica e in evento vitale. La tecnica preferita dall'artista è lo sconfinamento dai limiti tradizionali che separano le diverse arti dagli strumenti linguistici da queste impiegati; i veicoli privilegiati diventano infatti il gesto e il corpo nella sua totalità. Nel momento della concentrazione, l'arte si presenta come autoriflessione, come esercizio della mente che analizza i propri procedimenti in rapporto all'area di esperienze storicamente definita come arte.

Queste due polarità del vitale e del mentale, dell'espansione e della concentrazione hanno assunto di volta in volta il ruolo di protagonisti della scena artistica, almeno a partire dalla seconda metà degli anni sessanta: in un saggio pubblicato su “Art International” nel febbraio del 1968 e intitolato “The Dematerialisation of Art” due critici americani, Lucy Lippard e John Chandler, avevano chiaramente individuato queste due linee di tendenza della ricerca artistica e indicato anche il loro denominatore comune in un marcato disinteresse per l'opera d'arte intesa come oggetto: “Le arti visuali al momento attuale sembrano oscillare a un bivio, che però potrebbe rivelarsi semplicemente un modo diverso per arrivare allo stesso punto, sebbene provenga da due fonti di partenza: l'arte come idea e l'arte come azione. Nel primo caso, la materia viene negata dal momento che la sensazione è stata convertita in concetto; nel secondo, la materia è stata trasformata in energia e processo temporale”.



La dematerializzazione, pertanto, non è il fine di questo tipo di ricerca, ma piuttosto una conseguenza necessaria, o, meglio, la via attraverso la quale è possibile l'esercizio difficile della mente che riflette su se stessa. 



La posizione teorica che è a fondamento delle proposizioni concettuali rinvia chiaramente a una ben determinata cultura filosofica, ossia agli assunti fondamentali del positivismo logico di Wittgenstein e della scuola di Vienna e della filosofia analitica sviluppatasi soprattutto nell'area anglosassone: l'equiparazione dell'opera d'arte a una preposizione linguistica, che trova in se stessa il criterio del proprio valore (d'arte), deriva infatti direttamente da uno dei principi più importanti del positivismo logico, il principio cioè che stabilisce il criterio di verità delle proposizioni non sulla base di un confronto o di una verifica sui dati dell'esperienza, ma sulla coerenza interna del sistema linguistico. L'arte Concettuale condivide inoltre la posizione antintuizionistica di questa corrente filosofica e, come questa, si oppone all'illusione di poter giungere a un impatto immediato con le cose, saltando la dimensione convenzionale del linguaggio. L'arte Concettuale, del resto, nelle sue forme più tipiche, si sviluppa soprattutto nell'area culturale anglosassone e appare strettamente connessa, agli inizi, con la Minimal Art, fenomeno artistico soprattutto americano. La scultura minimal si presenta già come “un oggetto muto”, come un “oggetto che rivela soltanto se stesso”, volutamente chiuso nella propria dimensione sintattica, autonoma e autosignificante. Nello stesso tempo, però, la scultura minimal tende a spostare l'attenzione dalla propria oggettualità, dalla propria materialità, ai procedimenti mentali che lo hanno costituito e lo definiscono come oggetto artistico. L'oggetto minimal costituisce, pertanto, una sorta di paradosso poiché, da un lato, si presenta come un oggetto concreto che si accampa nello spazio ambientale, molto spesso con un notevole ingombro fisico; dall'altro, appare già dotato di un certo grado di trasparenza, in quanto agisce da stimolo atto a mettere in moto un processo mentale di astrazione (e di definizione linguistica) sulla natura dell'arte.



 

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